Il laboratorio è il luogo – materiale e mentale – dove sperimentiamo un approccio all’architettura aperto verso l’esterno e basato sul confronto e sulla partecipazione. Piegati spesso dalle difficoltà, noi architetti abbiamo progressivamente ridimensionato le nostre aspettative, alimentando modi di operare individuali e in ordine sparso. Per resistere a questa tendenza, crediamo sia invece essenziale fare rete. Non nel senso di un’autopromozione generica, visibilità astratta sui social media e vuota vetrina misurata dal numero di like. Puntiamo piuttosto sui valori della collaborazione e del confronto con coloro i quali condividono la visione e le intenzioni del nostro progetto.
La nostra è un’apertura non solo disciplinare e professionale, ma culturale e intellettuale. Intendiamo, infatti, il laboratorio come un luogo in cui si pratica una costante sperimentazione, fecondata dalla esplorazione di territori prossimi e complementari all’architettura. Per questo, riteniamo fondamentale la formazione continua, a partire dai temi e dai problemi con cui ci confrontiamo quotidianamente. Attraverso nuove ed efficaci modalità di lavoro cooperativo, ci proponiamo di dar vita ad una “comunità di pratica” che si alimenta grazie a contributi molteplici e diversificati.
Con spirito critico e inventivo, ci sforziamo di operare concretamente in base ad un approccio ricettivo e attento ai differenti contesti, alle esigenze, alle tracce di innovazione, ponendo grande attenzione al dialogo con gli interlocutori, gli operatori, le istituzioni.
Spinti dalla riflessione, dalla sperimentazione (anche manuale e artigiana), dalla curiosità, crediamo fortemente nel superamento costante dei limiti interni ed esterni. Facciamo proprio, in questo, un habitus permeato dalla modestia e dal rigore, nella convinzione che la frontiera del sapere e della pratica si sposta ogni giorno più avanti.
Il laboratorio crede fermamente nella possibilità di coniugare al meglio qualità ed economia. Non ci interessa la retorica del “less is more”; la nostra scommessa è invece quella della concretezza del “fare più con meno”. Può sembrare un’utopia, ma siamo convinti che nel mondo in cui viviamo questa sia l’unica strategia eticamente e poeticamente perseguibile. Occorre oltrepassare gli schemi consolidati e, soprattutto, operare per un’architettura ricca di possibilità e di qualità.
Tendiamo in genere a vedere le manifestazioni estreme del fare architettura: le esibizioni più o meno muscolari delle archistar o le piccole realizzazioni di chi opera in mezzo ad innumerevoli difficoltà. Il fine del nostro lavoro non è una sorta di aurea mediocritas: è piuttosto il perseguimento di una qualità diffusa, intesa – non solo in termini formali o prestazionali – come un valore globale. Un valore conseguibile, i cui benefici sono tangibili. Non un valore aggiunto, ma una opzione vantaggiosa da ogni punto di vista (funzionale, formale, costruttivo, sociale). In questo senso, il laboratorio individua e propone percorsi e obiettivi chiari e perseguibili.
Riteniamo inoltre necessario superare il conformismo e l’omologazione a cui sembrano destinarci più di un ventennio di cultura e di progetto digitali. Per noi è fondamentale la distinzione tra l’architettura come fine ed il digitale (strumenti, tecniche, immagini) come mezzo. Sperimentiamo quindi inedite modalità di elaborazione e di rappresentazione che, invitando a varcare i limiti di ciò che è rappresentato, rimettano in discussione la presunta oggettività e la ricezione passiva dei modelli computerizzati. In questa prospettiva, ci proponiamo di contribuire a ripensare l’architettura quale conformazione di spazi e di forme per la vita rivoluzionata dal digitale.